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3) La reflex, componenti e percorso della “luce”

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La reflex, componenti e percorso della luce.

Disegno di uno spaccato di una reflex che spiega il percorso della luce

Mentre inquadriamo il nostro soggetto osservandolo dall’oculare, l’immagine che vediamo, passa attraverso diversi dispositivi: le lenti ed il diaframma nell’obiettivo; lo specchio; il pentaprisma (o pentaspecchio), per arrivare al nostro occhio.  

Premendo il pulsante di scatto, lo specchio si alza, l’otturatore si apre e l’immagine viene deviata va a colpire il sensore che la cattura e la salva sulla memoria della macchina fotografica (questo in breve). 

​

Ora vediamo nello specifico tutti i componenti che compongono la reflex partendo dall’obiettivo.

Al suo interno vi sono:

  • le lenti (il numero varia in base alla tipologia dell’obiettivo), ognuna delle quali ha delle caratteristiche costruttive differenti che rimpiccioliscono (o ingrandiscono) e correggono l’immagine;

  • il diaframma, che può variare in base al numero di lamelle;

  • il motore dell’autofocus, (alcuni obiettivi non lo hanno);

  • lo stabilizzatore: se presente, (alcune reflex lo hanno integrato nel corpo macchina);

  • la ghiera per la messa a fuoco;

  • e per gli zoom la ghiera per il cambio di focale;

  • alcuni obiettivi recenti, specifici per le fotocamere mirrorless, hanno anche delle ghiere e/o pulsanti “programmabili” direttamente dalla fotocamera.  

​

La reflex è composta da una miriade di componenti, in questo articolo cominceremo a conoscere i più importanti e la loro funzione.

Lo specchio

Lo specchio della reflex

Nella parte frontale della macchina fotografica, togliendo l’obiettivo, la prima cosa che vediamo è appunto lo specchio, dalla cui funzione (la riflessione dell’immagine) prende nome la “reflex”. 

Questo componente, posto a 45° rispetto all’asse verticale, ha la funzione di riflettere la “luce” che passa attraverso l’obiettivo, proiettandola al pentaprisma che a sua volta la ruota e capovolge e la convoglia all’oculare in modo da farci vedere, tramite quest’ultimo, la scena inquadrata in modo corretto. 

Quando premiamo il pulsante di scatto, lo specchio si alza e fa passare la luce verso l’otturatore, che si aprirà per poi riabbassarsi una volta terminato lo scatto. 

In modalità “live view”, questo non succede, o meglio, quando premiamo il pulsante (o spostiamo la leva) per mettere la reflex in modalità live view, lo specchio si alza e l’immagine viene proiettata direttamente sul display della reflex tramite dei sensori.

In questa modalità quando premiamo il pulsante di scatto avremo solo lo scatto dell’otturatore. 

Il movimento dello specchio può comportare delle vibrazioni, è consigliabile quindi, in certe situazioni di ripresa (es. foto notturne) impostare “l’alzata dello specchio” dal menu della reflex.

In questo modo la ripresa viene effettuata in due fasi distinte, alla prima pressione del pulsante di scatto, si alzerà lo specchio, ad una seconda pressione scatterà l’otturatore, annullando quasi del tutto le vibrazioni.

Questo componente “lo specchio” non è presente sulle fotocamere mirrorless.

L’otturatore meccanico

Foto di un otturatore di una reflex

Posto dietro lo specchio e davanti al sensore d’immagine, troviamo l’otturatore meccanico, che ha il compito di far passare le giusta quantità di luce al sensore “dosandola”, in base al tempo di scatto impostato.

E’ uno dei tre elementi per ottenere una giusta esposizione (triangolo dell’esposizione). Gli altri due sono, il diaframma (all’interno dell’obiettivo) e la sensibilità ISO (impostazione che si fa dalla fotocamera).

E’ formato da due “tendine” a lamelle che si aprono e chiudono con movimento meccanico.  

Quando premiamo il pulsante di scatto la prima tendina si apre e finita l’esposizione, la seconda tendina si chiude terminando l’esposizione.  

L’apertura e la chiusura dell’otturatore è determinata dal tempo di esposizione, e a seconda di quello impostato, quando la prima tendina non ha ancora completato la sua corsa, la seconda tendina ha già iniziato a chiudersi (di massima con tempi veloci), esponendo il sensore una porzione alla volta.

L’otturatore meccanico si può trovare anche su alcuni modelli di mirrorless.

Il sensore di immagine

Foto di una reflex Canon eos 6d mark ii Coin sensore di immagine in primo piano

A lui è affidato il compito di convertire i segnali luminosi in segnali digitali, ovvero di elaborare l’immagine che “vede” e convertirla in un file digitale con l’aiuto del processore d’immagine e salvarlo sulla scheda di memoria.  

E’ formato da milioni di fotodiodi (pixel), ognuno dei quali “raccoglie” una porzione d’immagine.  

Il sensore che troviamo sulle fotocamere può avere diverse dimensioni:

  • Medio Formato con dimensioni pari a 44 x 33 mm, è un formato usato sulle fotocamere professionali di alta gamma, con tanti megapixel (anche più di 100).
  • FF (Full Frame) dalle dimensioni di 24 x 36 mm (le stesse della pellicola), che viene montato solitamente sulle reflex e mirrorless professionali di tutte le marche (fattore di crop 1:1);
  • APS-H Canon (Advance Photo System High) 19 x 28,7 mm (fattore di crop 1:1,3);  
  • APS-C (15,7 x 23,6 Sony, Pentax, Ricoh GR, Nikon DX, Fujifilm X-mount) (fattore di crop 1:1,5)
  • APS-C (14,8 x 22,2 mm,  Canon), (fattore di crop 1:1,6)
  • Micro 4/3  con dimensioni di 17,30 x 13 mm di solito usato su fotocamere economiche ma anche alcune professionali (fattore di crop 1:2).
  • 1 pollice (12,80 x 9,60 mm), questo tipo di sensore lo possiamo trovare sulle fotocamere compatte di un alto livello, sui droni professionali, action cam e smartphone di alta gamma (fattore di crop 1:2,7).

Ogni sensore può avere una “risoluzione” di diverse migliaia di pixel (1 Megapixel = 1 milione di pixel ), limitatamente al formato.

Il pentaprisma o pentaspecchio

Foto raffigurante il pentaprisma di una reflex

L’immagine che passa attraverso l’obiettivo e quindi al diaframma, arriva al sensore capovolta ed invertita, ma viene memorizzata correttamente grazie all’intervento del processore di immagine.

Il penta-specchio ( o penta-prisma) ha il compito di invertire e capovolgere l’immagine che arriva dall’obiettivo, riflessa dallo specchio, per permetterci, attraverso l’oculare, di vedere l’immagine orientata nel verso giusto. 

Questo componente è presente solo sulle fotocamere reflex.

Il processose di immagini

Il processore di immagine Canon digitale 7

È quello che fa il “lavoro pesante”, ovvero converte i segnali che arrivano dal sensore d’immagine in file per salvarli sulla scheda di memoria. 

Si occupa anche di elaborare i dati dei sensori dell’autofocus. Alcune macchine fotografiche, ad alte prestazioni, ne hanno anche 2 per velocizzare la memorizzazione dei file e le prestazioni dell’autofocus.

Il processore d’immagine è presente su qualsiasi fotocamera digitale, smartphone compresi.

L’esposimetro

Una scala esposimetrica con valori da +3 a -3

Il suo compito è quello di valutare la quantità di luce che serve, per avere un’immagine leggibile e quindi esposta correttamente, cioè che non sia troppo scura o troppo chiara.

La lettura viene fatta con la luce che passa dall’obiettivo, quindi quella riflessa dal soggetto o scena inquadrata.

L’esposimetro della fotocamera viene identificato con la sigla TTL (Through The Lens = attraverso la lente), in quanto misura la luce che arriva al sensore passando appunto attraverso la “lente” (obiettivo).

​A seconda delle necessità possiamo impostare la lettura esposimetrica in diverse modalità:

  • “valutativa” (matrix o multi-zona), modalità di misurazione generica, la lettura dell’esposimetro avviene su tutta l’area inquadrata;
  • “media ponderata al centro”, in questo caso la misurazione avverrà prevalentemente nell’area centrale, ma verrà tenuta in considerazione anche l’intera area circostante;
  • “parziale” (semi-spot), l’esposimetro misura la luminosità di una piccola zona al centro del campo inquadrato, questa modalità è utile quando l’area intorno al soggetto è molto più luminosa, ad esempio perché il soggetto è in controluce o viceversa;
  • “spot”, misura la luce in un’area molto ristretta al centro dell’inquadratura.

Il sensore autofocus

Sensore autofocus di una Canon eos 5D

La messa a fuoco di un’immagine può essere fatta manualmente, agendo sull’apposita ghiera posta sull’obiettivo, o fatta fare in automatico dalla reflex tramite il sensore dell’autofocus.

Questo sensore, che è posto sotto e dietro lo specchio, legge alcune aree (punti AF) che visualizziamo sia nell’oculare sia sullo schermo (in modalità live view), singolarmente, a gruppi o tutti insieme.

A seconda del tipo di sensore, la valutazione della messa a fuoco può avvenire in modi diversi.  

Difatti esistono due sistemi di messa a fuoco: quelli attivi e quelli passivi.

​Quelli attivi misurano la distanza dal soggetto avvalendosi di ultrasuoni o luce infrarossa.

Quelli passivi invece misurano la messa a fuoco direttamente sul soggetto e se è poco illuminato si avvalgono di una luce (di solito rossa) proiettata dalla fotocamera, e possono farlo in due modi:

  • misurando il contrasto dell’immagine considerando il massimo contrasto come la massima messa a fuoco;
  • a rilevamento di  fase che consiste nel dividere in due l’immagine e compararle.

Nelle fotocamere moderne mirrorless, la messa a fuoco è affidata al sensore fotografico. 

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